Il maestro del rococò

Una significativa opera di Giambattista Tiepolo, ora alla Quadreria del Palazzo Ducale di Venezia: Nettuno offre doni a Venezia. (visitmuve.it)

Giambattista Tiepolo nacque a Venezia nel 1696, figlio di un mercante che, morendo, lasciò la famiglia in condizioni abbastanza agiate. Intorno al 1710 entrò a far parte della bottega di uno dei più quotati pittori della città lagunare, Gregorio Lazzarini. Ma già nel 1717 risultava affrancato, iniziando così una brillante carriera artistica.
Due anni più tardi sposò Cecilia Guardi, sorella dei pittori Antonio e Francesco. Dalla loro unione nacquero i figli Giandomenico e Lorenzo, che poi collaborarono attivamente con il padre.
A Venezia Tiepolo ricevette committenze sia per le residenze del patriziato che per le chiese cittadine. E ben presto la sua fama si estese al di là della Laguna, tanto che Dionisio Dolfin, patriarca di Aquileia, gli chiese di realizzare degli affreschi, prevalentemente di soggetto biblico, per il Palazzo Patriarcale di Udine. Successivamente lavorò anche a Milano, Bergamo e Vicenza. Ragguardevoli sono gli affreschi, ispirati a celebri opere letterarie, della Villa Valmarana di Vicenza, detta dei Nani.
Nel 1750 l’attività di Tiepolo assunse una dimensione europea: infatti assieme ai figli si recò in Germania, più precisamente a Würzburg, dove il principe vescovo Carl Philipp von Greiffenklau gli aveva commissionato un grandioso ciclo di affreschi da eseguirsi nel suo palazzo. Nel 1762, rispondendo all’invito di re Carlo III di Borbone, partì con i figli per la Spagna, realizzando opere celebrative della monarchia iberica ma anche dipinti di soggetto sacro, come la celeberrima Immacolata Concezione ora al Prado. Tiepolo morì a Madrid il 27 marzo 1770.
Giambattista Tiepolo rappresenta senza dubbio il maggiore esponente della pittura rococò. Nelle sue opere, soltanto in apparenza intrise di un’atmosfera leggera, persino quasi frizzante, emerge in realtà l’irrequietudine di un’intera civiltà che avverte, a livello più o meno inconscio, l’imminenza della propria fine, con conseguenze che sarebbero impattate anche sulla stessa scena artistica.

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